Il Conto Corrente? E’ sicuro… che perdi!

Alla fine del 2018 i soldi in giacenza su conti correnti e depositi in Italia ammonta a quasi 1.400 miliardi di euro, 32 miliardi in più rispetto ai 12 mesi precedenti (fonte Abi, Associazione Bancaria Italiana). E’ cresciuto soprattutto il rapporto tra il denaro fermo sui conti e il totale: nel periodo 2005/2006 era pari al 23%, mentre ora è al 32%. Il motivo? Ovvio: la ricerca di sicurezza e la paura di qualsiasi investimento alternativo.

Ma è una scelta saggia? Oggi voglio dimostrarti che decidere di mantenere i tuoi risparmi sul conto corrente è l’unico modo certo di perdere soldi! Te ne parlo come sempre con parole semplici.

Un’erosione lenta e costante

Immagina di aver depositato 10 mila euro sul conto corrente 10 anni fa e di non averli mai più toccati. Immagina per un attimo che i conti correnti non abbiano spese (anche se invece le hanno) e che non paghino tasse (anche se invece le pagano).

Tenere i soldi su conto corrente, una scelta saggia?
Fonte dati Inflazione: Il Sole 24Ore

L’inflazione, l’aumento generalizzato dei prezzi (clicca qui per approfondire), ha fatto perdere ai tuoi soldi in 10 anni circa il 15% di potere di acquisto. Bada bene: sul conto corrente, ipotizzando zero spese e zero tasse, avresti sempre 10 mila euro, ma con questi soldi oggi puoi comprare il 15% in meno di quello che potevi comprare 10 anni fa.

E sappi che la missione primaria della Banca Centrale Europea, di cui sempre più spesso senti parlare, è quella di riportare l’inflazione al 2%; dovesse riuscirci il potere di acquisto dei soldi sul tuo conto corrente diminuirebbe ancora di più.

I costi dei conti correnti

Come rivela questo articolo i costi dei conti correnti sono in aumento. Sia i conti tradizionali che i conti online hanno fatto registrare degli aumenti generalizzati negli ultimi tempi. Un conto corrente classico costa in media circa 100 euro l’anno mentre un conto online si attesta intorno ai 45 euro l’anno.

Tenere i soldi su conto corrente, una scelta saggia?

Tornando al nostro esempio precedente, per renderlo più verosimile e realistico, dovremmo quindi decurtare ogni anno le spese trattenute dall’istituto bancario. L’erosione del capitale reale peggiora ulteriormente.

C’era una volta l’obbligazione sicura

So che ti piacerebbe trovare delle belle obbligazioni bancarie o governative sicure e con dei tassi alti, ma temo di doverti dare una brutta notizia: attualmente non esistono e probabilmente non esisteranno per un bel pò di tempo.

Tenere i soldi su conto corrente, una scelta saggia?
Fonte: Investing.com

L’obbligazione considerata più sicura è il titolo di stato tedesco a 10 anni, il Bund. Se davvero non vuoi rischiare ecco quindi l’investimento che dovresti sottoscrivere! C’è però un piccolo problema: il rendimento annuo del bund a 10 anni è pari a -0,254% (no, non è un errore di digitazione, c’è il segno meno davanti!): in parole semplici vuol dire che se vuoi sottoscriverlo non solo non otterresti alcun interesse, ma dovresti pagare allo Stato tedesco uno 0,254% all’anno perché ti facciano il favore di detenere i tuoi soldi per 10 anni!

Quindi delle due l’una: se un titolo obbligazionario è sicuro oggi avrà rendimenti negativi, se ha invece dei rendimenti positivi, e magari anche abbastanza allettanti, vuol dire che non è così sicuro come sembra. Ricordati sempre questa semplice regola perché non c’è modo di sovvertirla.

Quindi cosa fare?

Vuoi liberarti dalla morsa dell’inflazione che attanaglia il tuo conto corrente, vorresti investire ma non vorresti rischiare tanto? La soluzione c’è: si tratta di costruire un portafoglio di investimento molto diversificato e prudente, di accettare l’idea che la quotazione giornaliera dell’investimento sarà soggetta ad oscillazioni (seppur contenute) e soprattutto di dotarsi di molta pazienza perché la probabilità di un rendimento positivo aumenta con l’aumentare dell’orizzonte temporale che come minimo deve essere pari a 3 anni.

Tenere i soldi su conto corrente, una scelta saggia?
Fonte: JP Morgan Asset Management

In questa tavola elaborata da JP Morgan puoi vedere che l’inflazione media mondiale degli ultimi 20 anni è stata pari al 2,2%. Un investimento in obbligazioni diversificate (Bonds) mantenuto per 20 anni ha conseguito un rendimento medio annuo del 4,5%, un investimento azionario (S&P 500, principale indice azionario americano) ha reso nello stesso periodo il 5,6% annuo.

Ma la colonna su cui ti suggerisco di soffermarti è quella di colore blu: è quella che riporta il rendimento medio annuo di un portafoglio diversificato composto da un 40% di azionario e da un 60% di obbligazionario, che nonostante tutto quello che abbiamo detto in precedenza è stato in grado di portare a casa un rendimento medio annuo di tutto rispetto, pari al 5%.

Ciao, alla prossima.

L’evoluzione nel mondo degli investimenti

Mi occupo di Consulenza Finanziaria da tanti anni ormai, abbastanza da poter constatare che, se soltanto mi voltassi indietro e provassi a ricordare il mondo della finanza e degli investimenti per come veniva concepito, interpretato, vissuto agli inizi del mio percorso, mi rendo conto di quanto questo sia radicalmente, totalmente cambiato. Di quanto io sono cambiato, più volente che nolente.

Oggi ti parlo dei processi evolutivi in atto, dell’importanza dell’evoluzione nel mondo degli investimenti. Scoprirai cose sorprendenti che ti aiuteranno a capire come comportarti. Imparerai qualcosa di molto importante dalle giraffe e dalle aragoste. Vuoi scoprire cosa cavolo c’entrano le giraffe e le aragoste con gli investimenti finanziari? Ti ho incuriosito abbastanza? Bene, allora partiamo subito, come sempre con parole semplici.

“Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”

Charles Darwin

La giraffa affamata

 Immagina una piccola giraffa affamata che guarda con desiderio a qualche gustosa foglia sulla cima di un albero. Ebbene, secondo gli studi di Darwin, nel corso dei millenni, si è innescato un processo di selezione naturale che ha portato a sopravvivere soltanto le giraffe che nascevano con il collo più lungo delle altre.

Nel corso dei secoli, grazie al loro accoppiamento, questo processo si è sempre più affinato, facendo in modo che la specie evolvesse e sopravvivesse, creando le caratteristiche della giraffa per come la conosciamo oggi. Importante notare che l’evoluzione non è stata soltanto estetica, ha riguardato anche gli organi interni: il cuore delle moderne giraffe, ad esempio, deve sviluppare una enorme potenza, in grado di irrorare il sangue su per tutto il collo fino alla testa.

La vita dell’aragosta

“L’aragosta è un animale morbido e soffice, vive dentro un rigido guscio che non si espande mai. E come fa l’aragosta a crescere? Mentre cresce, il guscio diventa sempre più stretto e scomodo, tanto che l’aragosta non può fare altro che liberarsene. Sentendosi sempre più sotto pressione e a disagio, va quindi a nascondersi tra le rocce. Lì, più vulnerabile che mai, lascia andare il vecchio guscio e si adopera per crearne uno nuovo che possa adeguarsi alle sue necessità.

Ad un certo punto, continuando a crescere, anche questo guscio diventa stretto e scomodo. Allora, torna sotto alla sua roccia e ripete il processo, ancora e ancora. Lo stimolo che rende possibile la crescita dell’aragosta è la scomodità, il disagio, il dolore. Se l’aragosta potesse avere dei medici a disposizione, probabilmente le somministrerebbero dei farmaci per ‘sedare’ questo malessere e troverebbe una soluzione immediata, una distrazione che possa far sparire il disagio e che la illuda di aver risolto il problema senza averlo realmente affrontato. Così facendo, non si libererebbe mai di quello che non va più bene per lei.” – Abraham J. Twersky, rabbino e psichiatra di fama internazionale.

In principio fu il risparmiatore

Fino a qualche anno fa i rendimenti, il cibo, le foglie, erano dovunque, ce ne erano in abbondanza ed erano alla portata di tutti. Chiunque poteva ottenerli, chi più chi meno, anche senza rischiare nulla. Erano delle foglie succulente che crescevano copiose su tutto il tronco di tutti gli alberi, non esistevano se non pochissime foglie velenose, per cui ci si poteva cibare a sazietà rischiando praticamente nulla. I più temerari si arrampicavano sugli alberi, chi aveva il collo più lungo ne approfittava per mangiare le foglie più prelibate, ma nessuno moriva di fame.

Erano i tempi in cui prosperava la specie del risparmiatore, che vista l’abbondanza del cibo, visto l’alto rendimento dei titoli a breve termine, dei depositi, dei conti correnti, viveva beato e non ha mai avuto la necessità di imparare ad arrampicarsi su un albero, non ha mai dovuto competere con gli altri e soprattutto non si è mai chiesto se vi erano altri modi per cibarsi, altri tipi di frutti diversi dalle foglie; semplicemente perché non ce ne era mai stato bisogno.

Qualcosa cambia

All’improvviso le foglie iniziano a diventare sempre meno, e la qualità di quelle facili da raggiungere inizia a peggiorare. La vita del risparmiatore inizia a complicarsi. E’ l’inizio di un cambiamento per molti versi probabilmente irreversibile, l’alba di una nuova fase evolutiva nel mondo finanziario. Bisognerà trovare strade alternative, nuovi metodi. Bisognerà imparare a coltivare, ad avere il tempo e la pazienza di aspettare, prima di raccogliere i frutti. Il risparmiatore dovrà sempre più diventare investitore (clicca qui per scoprire le differenze tra risparmiatore ed investitore). Si assiste, a mio avviso, a 3 differenti reazioni da parte dei risparmiatori di fronte a questo processo.

  1. Semplicemente ti ostini a pensare che nulla sia cambiato, o quanto meno sei convinto che è solo un cambiamento temporaneo e che basta pazientare e tutto tornerà come prima. Le foglie torneranno ad essere tante, buone e disponibili per tutti. Te ne resti dentro il tuo guscio, in attesa che tutto torni come prima.
  2. Comprendi che è in atto un’evoluzione mica da ridere del processo di investimento, ma ti riconosci assolutamente inadeguato ad accoglierla. Non sei minimamente pronto, né culturalmente, né caratterialmente, né emotivamente per gli sforzi che questa richiederà: alzi bandiera bianca. Provi a cibarti delle poche foglie rimaste, pur sapendo che saranno sempre di meno e che la loro qualità diminuirà nel tempo. Sperando di non incappare in qualche foglia velenosa. Sai che devi liberarti del tuo guscio ma credi di non essere all’altezza.
  3. Riconosci che è in atto un processo evolutivo del modo di fare investimenti, ma lo fai senza pregiudizi, con curiosità, con l’apertura ad un cambiamento che, ti piaccia o no, sarà inevitabile. Ti rendi conto che ci sono altri modi per nutrirsi, altre strade da percorrere. Sarà facile? assolutamente no. Bisognerà, come l’aragosta, abbandonare il confort del guscio, ritrovarti nudo e costruire un guscio nuovo, diverso, più grande e più robusto, e forse tra qualche anno, dovrai rifarlo nuovamente. Ma sai che ti ritroverai più forte, sarai cresciuto, ti sarai evoluto, sarai sopravvissuto. Alla fine assaporerai dei cibi nuovi e gustosissimi che non pensavi potessero esistere!

Il ruolo del Consulente Finanziario

In questo processo evolutivo il ruolo del Consulente Finanziario è a mio avviso importantissimo. Intanto, per quanto ovvio, il Consulente per primo deve abbracciare con entusiasmo ed ottimismo il cambiamento in atto, altrimenti sarà anche lui vittima del processo inevitabile di selezione della specie. Ma questa è a mio avviso la parte più semplice del suo compito. La parte più complessa, ma anche la più gratificante ed affascinante è quella di aiutare i risparmiatori impauriti e rassegnati ad abbracciare il cambiamento; insegnando loro ad arrampicarsi sugli alberi, spiegando loro come difendersi dai nuovi pericoli e dalle nuove insidie, aiutandoli a riconoscere le foglie velenose, insegnando loro a coltivare la terra, a saper aspettare, ad affrontare le avversità, facendogli scoprire nuovi cibi buonissimi finora sconosciuti; sostenendoli, quando sarà il momento di rompere il guscio, aiutandoli a ricostruirne uno più grande e più robusto.

Ciao, alla prossima!

Con parole semplici: che cos’è un’obbligazione?

Sono certo che ne hai già sentito parlare, se non altro quando hai sentito o letto notizie legate allo spread tra Btp e Bund. Infatti sia il Btp che il Bund sono obbligazioni, nella fattispecie sono obbligazioni emesse dai governi rispettivamente italiano e tedesco.

Ma sai come funziona un titolo obbligazionario? Sai perché è così diffuso nei portafogli dei risparmiatori italiani?

Oggi ti voglio parlare proprio di questa tipologia di investimento che prende il nome di obbligazione; stai tranquillo, lo facciamo come sempre con parole semplici e con qualche esempio.

Sei pronto? Bene, andiamo allora.

L’obbligazione è un contratto tra due parti nel quale il soggetto “A” ha bisogno di capitale per un qualsivoglia motivo, ma poiché non lo detiene, decide di chiederlo in prestito. L’altra parte del contratto, il soggetto “B” è colui il quale decide di prestare il proprio capitale al soggetto “A”. Fin qui credo sia abbastanza semplice.

Facciamo un esempio

Una società vuole acquistare un nuovo macchinario; invece di chiedere un finanziamento in Banca, decide di emettere un prestito obbligazionario chiedendo il capitale necessario ad una platea di soggetti disposti a prestarglielo. Una volta ottenuti i soldi il soggetto “A” potrà acquistare il nuovo macchinario, pagherà degli interessi periodici a chi gli ha prestato i propri soldi (i sottoscrittori dell’obbligazione) e alla scadenza pattuita rimborserà loro il capitale.

Normalmente i soggetti che emettono un prestito obbligazionario (soggetti debitori) sono:

  • Governi
  • Società

Hai acquistato un’obbligazione societaria? Di fatto hai prestato i tuoi soldi alla società emittente. Hai acquistato un’obbligazione governativa (altrimenti detta Titolo di Stato)? Hai prestato i tuoi soldi al governo emittente. La società o il governo saranno tenuti a corrisponderti degli interessi definiti cedole per tutta la durata dell’obbligazione. Alla scadenza riceverai il capitale assieme all’ultima cedola.

La cedola dell’obbligazione può essere predeterminata, ad esempio del 4% (si parla in questo caso di obbligazione a tasso fisso). Oppure può essere a tasso variabile, legata all’andamento di un tasso di riferimento come l’euribor (in questo caso avremo un’obbligazione a tasso variabile). Il funzionamento di un titolo obbligazionario è tutto qui, non c’è nulla di particolarmente complicato.

 

Ma non si rischia nulla?

E’ necessario comprendere che qualora il soggetto “A” dovesse andare in difficoltà economiche il soggetto “B” rischia di non ricevere più gli interessi pattuiti e soprattutto rischia di non ricevere il capitale prestato alla scadenza contrattuale.

Quindi andiamo subito ad analizzare il principale rischio cui va incontro un risparmiatore che sottoscrive un prestito obbligazionario: il rischio di credito del soggetto emittente. Se il soggetto debitore non può onorare il proprio debito il sottoscrittore può perdere fino alla totalità del capitale investito. Per tale motivo, prima di sottoscrivere un’obbligazione è necessario informarsi sulla solidità della società o del Paese che emette il prestito obbligazionario, in modo da potere stimare il rischio di fallimento del soggetto emittente.

 

Il rating di un emittente obbligazionario

Senza addentrarci troppo ci basti sapere che tutte le società o i governi che emettono prestiti obbligazionari vengono analizzati in maniera approfondita dalle società di rating, entità che rilasciano periodicamente dei punteggi (detti appunto rating). Il rating è un punteggio sintetico che esprime il grado di solidità di un emittente. Più alto è il rating più solida è la società o il Paese e più bassa e la probabilità di fallimento.

 

Le società o i Paesi emittenti, una volta ottenuto il punteggio, vengono inseriti in due grandi famiglie:

  • Società o Paesi ad alto rating (molto solidi)
  • Società o Paesi a basso rating (poco solidi).

Se fin qui mi hai seguito avrai capito che acquistare una obbligazione emessa da una società ad alto rating (quindi più solida) è meno rischioso rispetto all’acquisto  di un’obbligazione emessa da una società a basso rating.

Ma allora chi compra le obbligazioni emesse da società più rischiose e perchè?

Le comprano in tanti e il motivo è il seguente: le obbligazioni più rischiose pagano interessi maggiori. Se la società non fallisce il risparmiatore guadagna di più.

Come sempre se ambisci a maggiori rendimenti devi accettare maggiori rischi. In finanza funziona sempre così.

Posso vendere l’obbligazione prima della scadenza?

La risposta è si, puoi rivenderla nel mercato secondario, un mercato regolamentato nato apposta per la compravendita di strumenti finanziari, compresi quelli obbligazionari.

Ma stai attento, perché nella compravendita si annida un altro rischio cui si va incontro acquistando un titolo obbligazionario: il rischio tasso. Per il momento ti basti sapere che il prezzo del titolo può variare (quindi puoi guadagnare o perdere dalla vendita del titolo obbligazionario), e la causa principale dei movimenti di prezzo di un’obbligazione è la variazione dei tassi di interesse di mercato. Vista l’importanza che l’argomento riveste dedicheremo un intero articolo a questo argomento.

Obbligazione: Risparmio o Investimento?

La risposta è: dipende! Da cosa ti starai chiedendo? Dal tempo che manca alla scadenza dell’obbligazione: se si tratta di un tempo lungo (normalmente maggiore di 3 anni) parliamo di investimento, viceversa parleremo di risparmio.