I rendimenti non li fanno i mercati

Sembra un paradosso, ma ti assicuro che è vero; i rendimenti dei tuoi investimenti non li fanno i mercati. Non ci credi? Allora ti consiglio di prenderti un paio di minuti e di metterti comodo. Te lo dimostro, come sempre, con parole semplici.

27 Ottobre 1999

Antonio Aspettava da tanto quel giorno, il 27 Ottobre del 1999. Siamo in pieno boom economico, è da poco cominciata l’era di Internet, della cosiddetta New Economy. In America il Nasdaq, l’indice delle principali aziende tecnologiche, fa segnare ogni giorno dei nuovi massimi e in Italia arriva la prima azienda innovativa nel campo di Internet: Tiscali, il cui collocamento è attesissimo dagli investitori.

Antonio non ha perso tempo e ha acquistato le azioni in sottoscrizione, ne hai acquistate 100 pagandole circa 46 euro ciascuna, per un totale investito di 4.600 euro. Non ha investito tanto, si tratta pur sempre di azioni e oltretutto appartenenti ad un settore ancora inesplorato, ma ne parlano tutti! Si respira un clima di euforia contagiosa. Tantissime persone si sono appassionate al mondo dei mercati azionari e tutti stanno guadagnando cifre considerevoli.

Bingo!

Il primo giorno il titolo guadagna circa il 60%, il sessanta percento in un giorno! Antonio non vende, ma passa la serata a interrogarsi se fosse stata la mossa giusta, se non sarebbe stato meglio accontentarsi di un guadagno comunque stratosferico. Il pensiero che l’indomani il titolo potesse perdere parte del guadagno in apertura di borsa lo rendeva particolarmente nervoso. Ma così non fu, anzi!

In apertura il titolo era ancora in rialzo. Quando toccò il valore di 100 euro per azione Antonio si decise a vendere! Aveva acquistato a 46 euro per azione; nel giro di qualche giorno aveva più che raddoppiato l’investimento iniziale. Si sentiva un mago della finanza, aveva portato a casa un rendimento del 117%. Forse il titolo poteva salire un altro pochino, ma cosa importava? E se invece avesse invertito la rotta?

Il 6 Marzo del 2000 il titolo Tiscali raggiunse quota 1197 Euro, il massimo assoluto. Il titolo era passato dai 46 € di ottobre 1999 ai 1197€ di marzo 2000, un aumento del 2500% in poco più di 5 mesi dalla sua entrata in borsa. Se Antonio avesse venduto le sue azioni il 6 Marzo 2000 avrebbe incassato 119.700 euro. Il mercato era pronto a regalargli un nuovo appartamento; Antonio ha invece portato a casa un nuovo motorino. Per carità, buttalo via! Ma siamo d’accordo che non è proprio la stessa cosa.

Il vento cambia

Claudio aveva appena ricevuto la liquidazione, dopo una vita di lavoro adesso poteva godersi la meritata pensione. Oltretutto si era recentemente appassionato al trading online reso disponibile dalla sua banca grazie al nuovo servizio di Home Banking. Finalmente avrebbe avuto tutto il tempo per potersi dedicare a questo nuovo hobby. Il periodo era assolutamente propizio, molti titoli stavano facendo registrare enormi guadagni e lui era deciso ad approfittarne.

Iniziò a tenere d’occhio il titolo Tiscali, che dal massimo registrato a Marzo 2000, quando aveva toccato più di 1.000 euro ad azione, era sceso, in pochi giorni, a meno della metà. Decise di entrare e acquistò 10 azioni al prezzo di 400 euro ciascuna, per un totale di 4.000 euro. Più per gioco che per altro, deciso ad accontentarsi anche di un piccolo guadagno. Non aveva mai provato l’adrenalina da investimento e fu una sensazione molto inebriante.

Il tanto, troppo tempo libero a disposizione, lo portava a monitorare l’andamento del titolo, a ricercare notizie sulla società, ma nel frattempo il titolo continuava a scendere, anche molto rapidamente. Fu appena infranse la barriera dei 300 euro ad azione che Claudio, decise di mediare il prezzo al ribasso, acquistando altre 20 azioni al prezzo di 300 euro ciascuna. Era una mossa geniale, pensava: adesso il suo prezzo medio di carico era di 333 euro per azione e il suo investimento complessivo ammontava a 10.000 euro. Bastava che l’azione risalisse un pò per recuperare la perdita.

La discesa non si arrestò

Tiscali infranse anche la barriera dei 200 euro per azione. Il fatto di avere ancora il grosso della liquidazione disponibile sul conto corrente era una tentazione troppo grossa per Claudio, deciso a recuperare in fretta quella perdita che si faceva ogni giorno più pesante. Decise di continuare a mediare e acquistò altre 50 azioni al prezzo di 200 euro. Raddoppiò ancora l’investimento quando Tiscali infranse anche la barriera dei 100 euro, comprando questa volta 200 azioni.

Un gioco, un passatempo, era diventato un ossessione, stava mettendo a rischio la liquidazione, frutto di una vita di lavoro. Ma la logica era dalla sua parte: Tiscali non poteva scendere per sempre, era una società di successo del mondo di Internet, era solo un momento di difficoltà passeggera, era solo questione di tempo.

Adesso Claudio si ritrovava ad aver investito circa 40.000 euro, deteneva 280 azioni Tiscali ad un prezzo medio di acquisto di 142 euro. Il titolo, a Maggio del 2000 (dopo cioè soltanto 2 mesi dai massimi di Marzo) scese a 40 €, poi a 30 €, poi a 15 €. Nel settembre del 2004 Tiscali quotava poco più di 2 euro. La liquidazione era andata, bruciata (?!?), così, per gioco. Claudio perse quasi 10 volte l’importo inizialmente investito.

Stesso titolo azionario due storie diverse

Ho scelto di proposito lo stesso titolo azionario per raccontarvi queste due storie che si sviluppano in modo diametralmente opposto; quello che voglio evidenziare è che l’emotività umana può limitare significativamente i guadagni nelle fasi di salita dei mercati così come amplificare pesantemente le perdite nelle fasi di discesa.

Ho costruito le due storie su un titolo azionario come Tiscali proprio perché ebbe in quei mesi fatidici un’escursione così “violenta” da lasciare al tappeto molti poveri malcapitati improvvisatori del “fai da te”. Ma la Società in sé non c’entra nulla. Attualmente Tiscali è una delle principali società di telecomunicazioni alternative in Italia; in quei mesi a cavallo tra il 1999 e il 2000, prima in America e poi in tutto il mondo, tutte le società che scommettevano sull’avvento di Internet, ebbero andamenti simili.

E’ importante però che tu sappia che non andrebbe mai fatto, che non bisognerebbe mai investire in pochi titoli azionari, per di più tutti dello stesso settore o tutti italiani (clicca qui per approfondire). Figurarsi poi investire in un titolo soltanto, il rischio specifico è enorme; ma purtroppo molti lo hanno fatto e continuano a farlo. L’investimento va fatto acquistando un paniere molto diversificato di titoli (te lo spiego meglio qui), a condizioni di avere le necessarie competenze professionali per saperli scegliere e monitorare.

Il mio consiglio è senza dubbio quello di acquistare strumenti di risparmio gestito, di investire in diversi settori, in diversi Paesi, al fine di ridurre il rischio complessivo dell’investimento grazie all’elevato grado di diversificazione, al fine di eliminare a monte il rischio specifico che può presentare un singolo titolo azionario.

Purtroppo però anche scegliere i migliori strumenti finanziari, i più diversificati, quelli a più basso costo, non servirà a metterti al riparo dall’emotività (ne parlo in maniera approfondita in questo post). Ed è bene che tu lo sappia, prima di salire sulla giostra. Una volta in pista, serviranno nervi saldi, razionalità e disciplina, tienilo sempre a mente.

Da cosa dipende allora il rendimento?

Fonte: JP Morgan AM – Guide to the Markets®
U.S. | 2Q 2019 | As of March 31, 2019

Questa tavola è presa dalla celebre guida ai mercati che trimestralmente JP Morgan AM pubblica sulla sua pagina Internet (clicca qui per visitare il sito). Nella parte bassa riassume perfettamente quanto esposto finora. Sono rappresentati tutti i rendimenti medi annui degli ultimi 20 anni delle principali classi di investimento finanziario. Come si evince l’indice azionario americano S&P 500, nell’ultimo ventennio ha avuto un rendimento medio annuo del 5,6% (colonna verde), il mercato obbligazionario (bonds) un rendimento medio annuo del 4,5%.

A fronte di questi rendimenti sai quanto ha portato a casa l’investitore medio nello stesso periodo? E’ la colonna arancione, l’ultima a destra. L’investitore medio ha portato a casa, nello stesso periodo un rendimento medio annuo dell’1,9%, neanche sufficiente a coprire l’inflazione (penultima colonna), pari al 2,2%.

I rendimenti non li fanno i mercati finanziari ma i nostri comportamenti.

Ciao, alla prossima.

La potenza dei Piani di Accumulo

Ne parlava già Benjamin Graham nel 1949 nel libro The Intelligent Investor, da molti, ancora oggi, considerato la Bibbia dei mercati finanziari. Graham lo definiva Dollar Cost Averaging, in Italia lo conosciamo con il nome di Piano di Accumulo o PAC. Approfondiremo le sue caratteristiche principali, a cosa serve e come funziona. Scopriremo che la potenza dei Piani di Accumulo può essere davvero straordinaria! Se sei pronto cominciamo, come sempre con parole semplici.

Reddito e Patrimonio

Ti piacerebbe investire ma non hai dei soldi da parte? Puoi farlo, a condizione però di percepire un reddito periodico. Ecco quindi la prima differenza che è importante capire: quella tra patrimonio e reddito. Il patrimonio è un concetto statico: misura l’ammontare dei tuoi possedimenti in un dato momento. Il reddito è invece un concetto dinamico: sono le somme che vengono percepite periodicamente sotto forma di salario, stipendio, onorario, parcella etc. Il Piano di Accumulo è un sistema intelligente che consiste nell’adoperare parte del reddito mensile per costruire un patrimonio.

Si parte!

Hai deciso di mettere dei soldi da parte ogni mese? Sei motivato a sufficienza? Ottimo! Arriva lo stipendio, ne prendi una piccola parte, ad esempio il 10% e lo sposti in uno strumento di risparmio o di investimento. L’euforia è tanta, ogni tanto vai a dare un’occhiata allo strumento di risparmio appena acquistato, ma trovi delle differenze impercettibili, la somma è ancora troppo piccola. Ecco che arriva il secondo stipendio, prelevi la stessa somma e la versi nello strumento di risparmio. Continui ad osservarne l’andamento, ma la cifra è ancora esigua e i movimenti impercettibili. Ti accorgi che la motivazione e l’entusiasmo iniziano a scarseggiare.

Il terzo mese, una volta percepito lo stipendio, lungo il tragitto per andare in Banca, osservi un bellissimo paio di scarpe in una vetrina. “Sai che ti dico? Solo per questo mese non verso il 10% nello strumento di risparmio; mi compro queste scarpe bellissime e pure scontate; mi riprometto di riprendere i versamenti il mese prossimo!” Sai già come finisce la storia, vero? Come in tutte le cose, quando cominciano a scarseggiare la motivazione e l’entusiasmo iniziale, e per di più non vedi alcun risultato tangibile frutto dei tuoi sacrifici, i buoni propositi vanno a farsi benedire. La creazione del patrimonio è terminata ancor prima di cominciare!

L’importanza dell’automatismo

Per contrastare il calo della motivazione ti viene in soccorso il prelievo automatico. In pratica puoi dare istruzioni alla tua banca di prelevare automaticamente la somma dal conto corrente ogni mese e di versarla in automatico nello strumento di risparmio o di investimento, normalmente un fondo comune o una polizza. Mediante questo prelievo “forzoso” elimini la somma dalla disponibilità del conto corrente e contrasti la tentazione di venire meno all’impegno!

La necessità di un obiettivo

Se segui il mio blog da un pò di tempo, lo avrai già letto: non ha alcun senso, a mio avviso, fare dei sacrifici di natura economica, se non ti sei prefissato un chiaro obiettivo da raggiungere. Sarà l’obiettivo a darti la forza di perseverare nei momenti di difficoltà che certamente troverai lungo il cammino. Pertanto ti consiglio di sottoscrivere un piano di accumulo solo se questo è finalizzato al raggiungimento di un obiettivo chiaro, con una scadenza ben precisa. L’obiettivo può essere a breve, medio o lungo termine. Vediamo qualche esempio.

Obiettivo di Breve termine: vacanze negli USA tra 2 anni

Vuoi portare tua moglie e tuo figlio negli Stati Uniti per una vacanza memorabile ma non hai soldi a sufficienza? Non ti scoraggiare, hai due soluzioni: fai un prestito che ripagherai nei prossimi anni oppure decidi di mettere dei soldi da parte. Propendi per questa seconda soluzione? Bene! L’obiettivo è accumulare circa 7.000 euro. Facendo un pò di sacrifici puoi risparmiare, diciamo, 300 euro al mese.

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

Qui di sopra una simulazione che prevede il versamento mensile di 300 euro per un periodo di 2 anni. Dopo 24 mesi avrai versato un totale di 7.200 euro (colonna Capitale Investito).

Nella simulazione ho previsto un rendimento medio dell’1%, ipotesi molto prudenziale, dato il breve orizzonte temporale. In questo caso siamo di fronte più ad un risparmio forzoso che ad un investimento vero e proprio. Il raggiungimento dell’obiettivo prefissato è dato quasi esclusivamente dalle somme versate da te che non dal rendimento ottenuto. Ma poco importa. L’importante era portare la famiglia negli Stati Uniti, e ci sei riuscito in appena due anni. Buon viaggio!

Obiettivo di Medio Termine: studi universitari tra 15 anni

Tuo figlio ha oggi 3 anni; tu e la mamma (o tu e il papà) lavorate e volete mettere da parte qualcosa per permettergli degli studi universitari dignitosi, magari all’estero. Non sarà semplice ma, facendo dei conti, potete mettere da parte, in totale, 250 euro al mese. Vediamo se ne vale la pena.

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

Ipotizzando un rendimento medio annuo del 4% (abbastanza realistico per un periodo di 15 anni), alla scadenza del piano avrete accumulato più di 60.000 euro, decisamente una bella cifra che vi permetterà di offrire a vostro figlio varie alternative universitarie. In questo caso, il fattore tempo inizia a dare i suoi frutti; infatti più del 25% del valore totale dell’investimento finale è frutto della rivalutazione del capitale investito.

Obiettivo di Lungo Termine: pensione integrativa tra 40 anni

Hai appena iniziato a lavorare e hai sentito che, nella migliore delle ipotesi, la pensione sarà pari alla metà dello stipendio? Purtroppo è proprio così, se non ci credi clicca qui per effettuare una simulazione (clicca qui invece se vuoi approfondire le tue conoscenze sulla previdenza complementare). Facendo due conti, anche se non sarà semplice, puoi rinunciare a 250 euro al mese. Vediamo cosa succede ipotizzando un versamento costante di 250€ al mese per 40 anni, stimando un rendimento annuo medio del 5% (realistico se non addirittura prudente visto il lungo orizzonte temporale).

Fonte: NEF Investiments – https://www.nef.lu – Il valore del capitale investito è calcolato al lordo di spese e oneri trattenuti dal collocatore e al lordo di un’eventuale tassazione delle plusvalenze realizzate

A scadenza potrai disporre di un capitale di circa 370 mila euro, mica male! Adesso ti chiedo di fare attenzione alla composizione del capitale finale. In un orizzonte così lungo, il rendimento fa più che triplicare il capitale investito. Cliccando qui scoprirai inoltre che, convertendo in rendita vitalizia un capitale del genere otterrai una pensione integrativa annua di circa 26 mila euro!

PAC azionario o obbligazionario?

Dipende dall’orizzonte temporale e dalla tua propensione al rischio. Certamente, nella fase iniziale dei versamenti, il Piano di accumulo dà il meglio con gli strumenti azionari. Sarà poi cura del tuo gestore o consulente finanziario guidarti nella modifica della composizione man mano che ti avvicini all’obiettivo.

Per concludere

Il Pac, se associato a due ingredienti magici nel mondo degli investimenti, e cioè tempo e disciplina, è un’arma formidabile per raggiungere anche i più ambizioni degli obiettivi. Niente scorciatoie, niente bacchetta magica, niente adrenalina; non è necessaria un’intelligenza sopra la media, né tantomeno un talento innato, niente di tutto questo! Solo tempo, pazienza (tanta pazienza), disciplina e focalizzazione sull’obiettivo. E ovviamente un bravo consulente che ti sappia consigliare, guidare, motivare lungo il tragitto.

Ciao, alla prossima.

Fondi o ETF? Gestione attiva o passiva?

E’ una domanda molto frequente nel mondo finanziario. Che non ha una risposta giusta o sbagliata, ma due correnti di pensiero differenti. Oggi proveremo a capire la differenza tra i Fondi a gestione attiva e gli ETF, o Exchange Traded Funds. E’ meglio avere dei Fondi o degli ETF in portafoglio? Meglio la gestione attiva o la gestione passiva? Ne parliamo, come sempre, con parole semplici.

Entriamo nel mondo azionario italiano

Immagina di voler acquistare dell’azionario Italiano. Hai fondamentalmente 3 scelte. La prima è quella di acquistare direttamente le azioni. Diventi a tutti gli effetti un socio delle aziende da te scelte; se il valore dei titoli da te acquistati aumenta il tuo investimento crescerà, se l’azienda distribuirà utili sotto forma di dividendi, tu li riceverai in proporzione al numero di azioni che hai acquistato. Se invece il valore dei titoli scenderà il tuo investimento diminuirà. Ti sconsiglio vivamente questa forma di investimento azionario a meno che tu non sia un esperto conoscitore dei bilanci delle società quotate e delle regole di trading.

La gestione attiva

La seconda scelta consiste nell’acquistare un fondo azionario italiano. In pratica sottoscrivi delle quote di uno strumento di risparmio gestito che si occuperà di selezionare quali e quante aziende del mercato azionario italiano acquistare.

Immagina il fondo come un grande pentolone dove confluiscono tutti i soldi dei sottoscrittori. Il team di gestione si prenderà giornalmente la responsabilità di decidere cosa acquistare e cosa vendere all’interno del mercato azionario italiano, con il preciso obiettivo di fornire ai sottoscrittori un rendimento maggiore di quello del mercato italiano. Da qui il concetto di “gestione attiva”: sfruttare le competenze del team di gestione per fornire ai sottoscrittori del fondo un rendimento maggiore di quello del mercato. Il team di gestione percepirà un compenso per questa sua attività: la commissione di gestione, a carico dei sottoscrittori del fondo.

Quando il mercato sale

Facciamo un esempio concreto. Supponiamo che il mercato azionario italiano abbia registrato, nell’anno in esame, un rendimento del 5%. Il fondo A e il fondo B, entrambi 100% azionario Italia, hanno avuto rispettivamente un rendimento, al netto dei costi, del 3% e del 7%. Entrambi hanno registrato performance positive, ma il fondo B ha avuto una gestione attiva migliore, più efficace, in grado di offrire un rendimento maggiore di quello registrato dal mercato. Il fondo A ha performato male, in quanto ha avuto una performance peggiore di quella del mercato di riferimento.

Quando il mercato scende

Supponiamo questa volta che nell’anno in esame il FTSE Mib abbia perso il 4%. Il fondo A e il fondo B hanno avuto una performance, al netto dei costi, rispettivamente pari a -2% e -6%. Sebbene siano entrambe performance negative in valore assoluto, questa volta il team di gestione del fondo A è stato bravo, in quanto è riuscito a contenere le perdite, facendo registrare una performance di 2 punti migliore del mercato. Non altrettanto bravo è stato il fondo B, che ha performato peggio del mercato.

Spero di averti trasferito il concetto di gestione attiva. Significa in pratica delegare a dei professionisti il compito delicato di scegliere cosa comprare, quando comprarlo e quanto comprarne con l’obiettivo di ottenere un rendimento migliore del mercato di riferimento. A fronte di questo sosterrai un costo dato dalle commissioni di gestione.

La gestione passiva

La terza scelta che puoi fare è quella di acquistare un ETF azionario Italia. Molto semplicemente l’ETF è uno strumento finanziario che si limita a replicare l’andamento del mercato di riferimento; ha quindi un andamento passivo, viene gestito senza un grosso apporto umano e quindi avrà un andamento sincronizzato con il mercato. E’ facile capire che la gestione passiva genera commissioni di gestione inferiori, pertanto il costo annuo degli ETF è significativamente inferiore a quello dei fondi.

Tornando agli esempi visti prima se il mercato italiano ha fatto registrare un incremento del 5% l’ETF avrà fatto registrare, al netto dei costi, una performance di poco inferiore al 5% (la commissione di gestione può ovviamente variare, ma sarà abbastanza contenuta); se viceversa il mercato italiano avesse perso il 4% l’ETF azionario Italia avrebbe fatto registrare una perdita leggermente maggiore.

Fondi o ETF ?

Adesso che li conosciamo meglio, possiamo fare delle valutazioni che ci aiutino a capire cosa è meglio scegliere. Entriamo da questo momento nel campo delle opinioni, ed io sono ben contento di darti la mia opinione, che però non ha la presunzione di essere la verità assoluta, né tantomeno potrà essere condivisa da tutti.

Chi sostiene sia meglio scegliere gli ETF fonda le sue argomentazioni sul costo e sul fatto che nel lungo termine gli indici hanno di norma performance positive. Perché pagare alte commissioni di gestione se posso comprare uno strumento che investe nello stesso mercato ad un costo inferiore?

Chi difende i Fondi sostiene che nelle fasi più turbolente di mercato è giusto affidarsi ad un team di gestione esperto che sappia portare la barca fuori dalla tempesta. In quelle fasi infatti l’ETF non può far altro che crollare assieme al mercato, mentre il fondo a gestione attiva potrà difendersi in maniera più efficiente.

Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta

I tifosi della Juventus conoscono bene questa frase, divenuta un motto della squadra bianconera. Senza entrare in discussioni calcistiche, prendo a prestito questa frase e la trasferisco nel mondo degli investimenti. Molto semplicemente, io credo che, a prescindere dagli strumenti scelti per costruire il nostro portafoglio di investimento, il fine ultimo è quello di avere il rendimento migliore possibile sopportando il giusto rischio. Per tale motivo credo sia opportuno dedicare tanto tempo alle selezione iniziale degli strumenti, senza pregiudizi e cercando di portare a casa i migliori fuoriclasse in ogni ruolo.

Converrai con me che un ETF non potrà mai fare meglio del mercato, giusto? Infatti per definizione l’ETF replica il mercato. Per cui, se riesco a trovare dei fondi a gestione attiva che sono in grado di fare meglio del mercato, di farlo costantemente, al netto dei costi, posso sostenere che quantomeno fino a quel momento, questi fondi si sono comportati meglio degli ETF? Io credo di si. E se ho dovuto pagare delle commissioni di gestione più alte, ma chi se ne frega? Il mio rendimento finale sarà comunque maggiore di quello dell’ETF. Ho ottenuto un ottimo servizio, per cui l’ho pagato, ma ho portato a casa di più. Punto, fine della discussione.

Volete qualche esempio?

Figura 1 – Sicav Azionaria Globale, fonte Morningstar

In figura 1 puoi osservare l’andamento degli ultimi 8 anni di una Sicav che investe nel mercato dell’Azionario Internazionale. La linea rossa esprime l’andamento del fondo, la linea arancione rappresenta l’andamento medio della categoria (cioè la media di rendimento di tutti i fondi dello stesso tipo), la linea verde rappresenta l’indice di riferimento, rappresenta cioè il mercato. I rendimenti sono tutti al netto dei costi. Posso affermare che questa Sicav si comporta da più di 8 anni meglio del mercato e quindi meglio di qualsiasi ETF? Io credo di si. Non a caso il famoso sito di valutazione di fondi ed ETF Morningstar gli attribuisce 5 stelle.

Figura 2 – Sicav Obbligazionaria Flessibile Globale, fonte Morningstar

In figura 2 vediamo l’andamento degli ultimi 6 anni di una Sicav che investe nel mercato degli obbligazionari flessibili globali. Batte costantemente sia la categoria che il mercato. Morningstar gli attribuisce 5 stelle e medaglia d’argento. Posso affermare che fino ad oggi ha fatto meglio del mercato, e quindi di qualunque ETF? Credo di si.

Figura 3 – Sicav Azionaria Globale, fonte Morningstar

In figura 3 un Fondo che, viceversa, non ha mai performato meglio del mercato, che anzi si discosta da questo sempre più anno dopo anno. Ha una sola stella Morningstar e in questo caso i costi, maggiori di un ETF, non sono a mio avviso giustificati. Non opterei per una scelta del genere.

Conclusioni

Sebbene siano molte, troppe, le Sicav dove i costi sostenuti non sono giustificati dal rendimento finale, questo non vuol dire che non ne esistano di eccellenti. E fin quando ci saranno degli strumenti di gestione attiva che dimostreranno concretamente, costantemente, oggettivamente, di comportarsi meglio del mercato, e quindi della gestione passiva o degli ETF, io personalmente, opterò per la gestione attiva. Non per partito preso, ma banalmente perché, a parità di rischio, ottengo un rendimento maggiore. Ciao, alla prossima.