Sembra un paradosso, ma ti assicuro che è vero; i rendimenti dei tuoi investimenti non li fanno i mercati. Non ci credi? Allora ti consiglio di prenderti un paio di minuti e di metterti comodo. Te lo dimostro, come sempre, con parole semplici.
27 Ottobre 1999
Antonio Aspettava da tanto quel giorno, il 27 Ottobre del 1999. Siamo in pieno boom economico, è da poco cominciata l’era di Internet, della cosiddetta New Economy. In America il Nasdaq, l’indice delle principali aziende tecnologiche, fa segnare ogni giorno dei nuovi massimi e in Italia arriva la prima azienda innovativa nel campo di Internet: Tiscali, il cui collocamento è attesissimo dagli investitori.
Antonio non ha perso tempo e ha acquistato le azioni in sottoscrizione, ne hai acquistate 100 pagandole circa 46 euro ciascuna, per un totale investito di 4.600 euro. Non ha investito tanto, si tratta pur sempre di azioni e oltretutto appartenenti ad un settore ancora inesplorato, ma ne parlano tutti! Si respira un clima di euforia contagiosa. Tantissime persone si sono appassionate al mondo dei mercati azionari e tutti stanno guadagnando cifre considerevoli.
Bingo!
Il primo giorno il titolo guadagna circa il 60%, il sessanta percento in un giorno! Antonio non vende, ma passa la serata a interrogarsi se fosse stata la mossa giusta, se non sarebbe stato meglio accontentarsi di un guadagno comunque stratosferico. Il pensiero che l’indomani il titolo potesse perdere parte del guadagno in apertura di borsa lo rendeva particolarmente nervoso. Ma così non fu, anzi!
In apertura il titolo era ancora in rialzo. Quando toccò il valore di 100 euro per azione Antonio si decise a vendere! Aveva acquistato a 46 euro per azione; nel giro di qualche giorno aveva più che raddoppiato l’investimento iniziale. Si sentiva un mago della finanza, aveva portato a casa un rendimento del 117%. Forse il titolo poteva salire un altro pochino, ma cosa importava? E se invece avesse invertito la rotta?
Il 6 Marzo del 2000 il titolo Tiscali raggiunse quota 1197 Euro, il massimo assoluto. Il titolo era passato dai 46 € di ottobre 1999 ai 1197€ di marzo 2000, un aumento del 2500% in poco più di 5 mesi dalla sua entrata in borsa. Se Antonio avesse venduto le sue azioni il 6 Marzo 2000 avrebbe incassato 119.700 euro. Il mercato era pronto a regalargli un nuovo appartamento; Antonio ha invece portato a casa un nuovo motorino. Per carità, buttalo via! Ma siamo d’accordo che non è proprio la stessa cosa.
Il vento cambia
Claudio aveva appena ricevuto la liquidazione, dopo una vita di lavoro adesso poteva godersi la meritata pensione. Oltretutto si era recentemente appassionato al trading online reso disponibile dalla sua banca grazie al nuovo servizio di Home Banking. Finalmente avrebbe avuto tutto il tempo per potersi dedicare a questo nuovo hobby. Il periodo era assolutamente propizio, molti titoli stavano facendo registrare enormi guadagni e lui era deciso ad approfittarne.
Iniziò a tenere d’occhio il titolo Tiscali, che dal massimo registrato a Marzo 2000, quando aveva toccato più di 1.000 euro ad azione, era sceso, in pochi giorni, a meno della metà. Decise di entrare e acquistò 10 azioni al prezzo di 400 euro ciascuna, per un totale di 4.000 euro. Più per gioco che per altro, deciso ad accontentarsi anche di un piccolo guadagno. Non aveva mai provato l’adrenalina da investimento e fu una sensazione molto inebriante.
Il tanto, troppo tempo libero a disposizione, lo portava a monitorare l’andamento del titolo, a ricercare notizie sulla società, ma nel frattempo il titolo continuava a scendere, anche molto rapidamente. Fu appena infranse la barriera dei 300 euro ad azione che Claudio, decise di mediare il prezzo al ribasso, acquistando altre 20 azioni al prezzo di 300 euro ciascuna. Era una mossa geniale, pensava: adesso il suo prezzo medio di carico era di 333 euro per azione e il suo investimento complessivo ammontava a 10.000 euro. Bastava che l’azione risalisse un pò per recuperare la perdita.
La discesa non si arrestò
Tiscali infranse anche la barriera dei 200 euro per azione. Il fatto di avere ancora il grosso della liquidazione disponibile sul conto corrente era una tentazione troppo grossa per Claudio, deciso a recuperare in fretta quella perdita che si faceva ogni giorno più pesante. Decise di continuare a mediare e acquistò altre 50 azioni al prezzo di 200 euro. Raddoppiò ancora l’investimento quando Tiscali infranse anche la barriera dei 100 euro, comprando questa volta 200 azioni.
Un gioco, un passatempo, era diventato un ossessione, stava mettendo a rischio la liquidazione, frutto di una vita di lavoro. Ma la logica era dalla sua parte: Tiscali non poteva scendere per sempre, era una società di successo del mondo di Internet, era solo un momento di difficoltà passeggera, era solo questione di tempo.
Adesso Claudio si ritrovava ad aver investito circa 40.000 euro, deteneva 280 azioni Tiscali ad un prezzo medio di acquisto di 142 euro. Il titolo, a Maggio del 2000 (dopo cioè soltanto 2 mesi dai massimi di Marzo) scese a 40 €, poi a 30 €, poi a 15 €. Nel settembre del 2004 Tiscali quotava poco più di 2 euro. La liquidazione era andata, bruciata (?!?), così, per gioco. Claudio perse quasi 10 volte l’importo inizialmente investito.
Stesso titolo azionario due storie diverse
Ho scelto di proposito lo stesso titolo azionario per raccontarvi queste due storie che si sviluppano in modo diametralmente opposto; quello che voglio evidenziare è che l’emotività umana può limitare significativamente i guadagni nelle fasi di salita dei mercati così come amplificare pesantemente le perdite nelle fasi di discesa.
Ho costruito le due storie su un titolo azionario come Tiscali proprio perché ebbe in quei mesi fatidici un’escursione così “violenta” da lasciare al tappeto molti poveri malcapitati improvvisatori del “fai da te”. Ma la Società in sé non c’entra nulla. Attualmente Tiscali è una delle principali società di telecomunicazioni alternative in Italia; in quei mesi a cavallo tra il 1999 e il 2000, prima in America e poi in tutto il mondo, tutte le società che scommettevano sull’avvento di Internet, ebbero andamenti simili.
E’ importante però che tu sappia che non andrebbe mai fatto, che non bisognerebbe mai investire in pochi titoli azionari, per di più tutti dello stesso settore o tutti italiani (clicca qui per approfondire). Figurarsi poi investire in un titolo soltanto, il rischio specifico è enorme; ma purtroppo molti lo hanno fatto e continuano a farlo. L’investimento va fatto acquistando un paniere molto diversificato di titoli (te lo spiego meglio qui), a condizioni di avere le necessarie competenze professionali per saperli scegliere e monitorare.
Il mio consiglio è senza dubbio quello di acquistare strumenti di risparmio gestito, di investire in diversi settori, in diversi Paesi, al fine di ridurre il rischio complessivo dell’investimento grazie all’elevato grado di diversificazione, al fine di eliminare a monte il rischio specifico che può presentare un singolo titolo azionario.
Purtroppo però anche scegliere i migliori strumenti finanziari, i più diversificati, quelli a più basso costo, non servirà a metterti al riparo dall’emotività (ne parlo in maniera approfondita in questo post). Ed è bene che tu lo sappia, prima di salire sulla giostra. Una volta in pista, serviranno nervi saldi, razionalità e disciplina, tienilo sempre a mente.
Da cosa dipende allora il rendimento?
Questa tavola è presa dalla celebre guida ai mercati che trimestralmente JP Morgan AM pubblica sulla sua pagina Internet (clicca qui per visitare il sito). Nella parte bassa riassume perfettamente quanto esposto finora. Sono rappresentati tutti i rendimenti medi annui degli ultimi 20 anni delle principali classi di investimento finanziario. Come si evince l’indice azionario americano S&P 500, nell’ultimo ventennio ha avuto un rendimento medio annuo del 5,6% (colonna verde), il mercato obbligazionario (bonds) un rendimento medio annuo del 4,5%.
A fronte di questi rendimenti sai quanto ha portato a casa l’investitore medio nello stesso periodo? E’ la colonna arancione, l’ultima a destra. L’investitore medio ha portato a casa, nello stesso periodo un rendimento medio annuo dell’1,9%, neanche sufficiente a coprire l’inflazione (penultima colonna), pari al 2,2%.
I rendimenti non li fanno i mercati finanziari ma i nostri comportamenti.
Ciao, alla prossima.