La fuga dall’obbligazionario

I numeri parlano chiaro: nel 2018, in Italia, sono stati disinvestiti fondi obbligazionari per oltre 25 miliardi di euro. Una vera e propria fuga dall’obbligazionario. Una fuga che sa di enorme paura, di “ritirata”, ma anche di ignoranza, di incompetenza. Una fuga che dimostra quanto lavoro ancora c’è da fare in Italia in termini di educazione finanziaria dei risparmiatori ma anche e soprattutto degli addetti ai lavori.

E’ corretto uscire dai fondi obbligazionari quando i tassi salgono? Ne ho già parlato in un precedente post, clicca qui se vuoi approfondire.

Questi numeri ci dicono che non è per niente chiaro cosa vuol dire investire in strumenti obbligazionari, figuriamoci se l’investimento avviene in maniera indiretta mediante fondi comuni di investimento o Sicav. Per di più questi rimborsi generalizzati non sono stati per niente indolore. Le perdite portate a casa dai risparmiatori sono state ingenti.

fonte: www.assogestioni.it

Nella tabella, consultabile sul sito di Assogestioni (clicca qui per consultare l’analisi completa), vediamo come nel solo IV trimestre del 2018, sono stati rimborsati complessivamente circa 11 miliardi di euro, di cui 5,5 miliardi fuoriescono dal mondo obbligazionario e circa 5 miliardi dai fondi flessibili. E poiché non si vedono incrementi contestuali significativi in altre tipologie di fondi aperti, fatta eccezione per 2,6 miliardi di entrate nei fondi monetari (che non possono generare rendimento in questo contesto di tassi a breve molto bassi), è lecito pensare che il grosso di tali somme siano andate ad adagiarsi sui conti correnti dei risparmiatori.

Qualcosa non quadra

Ma perché quando i risparmiatori italiani erano soliti acquistare obbligazioni governative (BTP) e obbligazioni bancarie, erano bravi a mantenerle fino a scadenza, mentre adesso assistiamo a questo “sciacquone” obbligazionario? Io ovviamente non me la prendo con gli ignari risparmiatori, ai quali è stato inferto questo ennesimo duro colpo, ma me la prendo con gli addetti ai lavori, perché qualcosa non quadra. Non mi aspetto dagli investitori italiani una accurata preparazione sulle caratteristiche di un fondo obbligazionario, ma credo sia lecito attendersela dai gestori e consulenti finanziari. Provo a fare con voi un ragionamento.

Un fondo obbligazionario non è una obbligazione

Tra un singolo titolo obbligazionario e un contenitore pieno di titoli obbligazionari c’è una bella differenza (vuoi sapere cosa sono le obbligazioni e come funzionano? clicca qui , te lo spiego volentieri). Il fondo obbligazionario si comporta in maniera significativamente diversa da quella cui è abituato chi ha sempre e soltanto acquistato titoli di Stato o obbligazioni bancarie.

Il fondo ad accumulazione

Tutte le cedole staccate dalle obbligazioni in essere all’interno del fondo rimangono all’interno del fondo stesso, che le adopera per acquistare nuovi strumenti obbligazionari. Quindi un risparmiatore abituato a ricevere le cedole periodiche da un’obbligazione, sottoscrivendo un fondo obbligazionario ad accumulazione, non vedrà più questi accrediti periodici.

Di contro presenta due enormi vantaggi: il primo di natura fiscale, in quanto non pagherai la tassazione sul capital gain se non al momento del rimborso (mentre le cedole delle obbligazioni sono tassate immediatamente). Il secondo legato al rendimento, in quanto le cedole non distribuite, rimanendo all’interno del fondo, diventeranno capitale che genererà ulteriori rendimenti.

Il fondo obbligazionario a distribuzione

E’ pensato proprio per rispondere al bisogno del cliente di un flusso periodico. Ma fai attenzione! Non si tratta di cedole bensì di “distribuzioni di proventi”; in pratica vi è un meccanismo automatico che periodicamente provvede al rimborso di una piccola parte del fondo. Tanto più bravo sarà il gestore del fondo obbligazionario quanto più questo flusso di anticipazioni che il cliente riceve durante l’anno corrisponderà al rendimento del fondo. In altri termini tanto più bravo sarà il gestore del fondo obbligazionario quanto più il capitale originariamente investito dal cliente, al netto delle anticipazioni erogate, rimarrà intatto o addirittura aumenterà.

Il fondo obbligazionario non ha una scadenza contrattuale

è un contenitore riempito con obbligazioni di diversa durata per il quale è possibile calcolare una scadenza media, ma è importantissimo capire che non è la stessa cosa. Quando acquisti un titolo obbligazionario, governativo o societario, alla scadenza, se non è fallito l’emittente riceverai per contratto il capitale investito (se il titolo verrà rimborsato alla pari). Se invece hai sottoscritto un fondo obbligazionario, quando i titoli presenti all’interno del fondo giungeranno a scadenza, questi verranno rimborsati all’interno del fondo, che provvederà a reinvestirli con titoli di natura analoga.

Il fondo obbligazionario ha un orizzonte temporale dichiarato

Se è vero che il fondo non ha una scadenza contrattuale, è anche vero che il fondo ha un orizzonte temporale dichiarato. Cosa vuol dire? Semplicissimo (se qualcuno te lo spiega!): poiché sono note le scadenze dei titoli acquistati e l’ammontare delle cedole che il fondo incasserà, è possibile calcolare il tempo necessario affinché, mio caro investitore, tu possa rientrare in possesso del capitale investito (al netto di eventuali default, o fallimenti di emittenti di titoli detenuti dal fondo).

Il fondo obbligazionario ha un grado di rischio dichiarato

Esistono fondi obbligazionari molto diversi tra loro. Ci sono fondi che possono comprare esclusivamente titoli di emittenti appartenenti ad una certa area geografica, con un livello minimo di solidità o rating; o ancora solo obbligazioni con scadenze brevi, solo obbligazioni governative etc. etc. Ne consegue che sebbene siano tutti chiamati fondi obbligazionari, questi reagiranno in maniera completamente diversa alla normale volatilità del mercato. Quando sottoscrivi un preciso fondo obbligazionario, assumerai un preciso livello di rischio, attendendoti un preciso livello di rendimento.

Adesso io mi chiedo…

Ma il risparmiatore che ha sottoscritto dei fondi di investimento obbligazionari e che li ha disinvestiti con questa brutalità nel corso del 2018:

  1. Aveva perfettamente chiara la differenza che esiste tra un titolo obbligazionario e un fondo obbligazionario ?
  2. Sapeva perché un fondo ad accumulazione non distribuisce cedole e quali erano per lui i vantaggi legati alla capitalizzazione composta e all’efficienza fiscale?
  3. Era noto che la distribuzione di proventi di un fondo a distribuzione è cosa ben diversa dallo stacco di cedola di un titolo obbligazionario?
  4. Sapeva che un fondo obbligazionario non ha una scadenza contrattuale ma ha comunque un orizzonte temporale consigliato? e che se avesse tenuto il fondo per il periodo consigliato non avrebbe quasi certamente conseguito perdite?
  5. Sapeva che i fondi obbligazionari non sono tutti uguali ma che ve ne sono di poco rischiosi ma anche di rischiosissimi?

A giudicare dalle vendite indiscriminate, dal comportamento assolutamente irrazionale dettato dalla pancia e dall’emotività, probabilmente tutte queste cose non le sapeva o per lo meno non le aveva perfettamente chiare.

Non può esserci che una sola ragione

Poiché è difficile pensare che tutti questi investitori abbiamo provveduto in maniera autonoma ad acquistare prima e a svendere poi i fondi obbligazionari detenuti, si ravvisa a mio parere una insufficiente qualità della consulenza finanziaria che questi soggetti hanno ricevuto. Ad un gestore bancario o ad un consulente finanziario è giusto chiedere una conoscenza approfondita delle dinamiche di un fondo obbligazionario ed è lecito attendersi che sappia spiegartele bene e con parole semplici. Da un bravo gestore o consulente finanziario è doveroso attendersi un supporto fondato sulla sua competenza ed esperienza, che sappia rassicurarti nelle fasi difficili di mercato e dissuaderti dal compiere scelte poco razionali.

E adesso che stiamo assistendo ad un ritorno di rendimento nel mondo obbligazionario, è doppiamente frustrante pensare a circa 25 miliardi di euro che non ne beneficeranno.

Concludo con una bella notizia

Fortunatamente esistono tanti consulenti finanziari bravi e preparati; esistono tanti strumenti finanziari validi, efficienti, non molto costosi e con una storia fatta di rendimenti costanti nel tempo. Sta a te capire l’importanza di essere affiancato da un professionista valido piuttosto che da un mediocre venditore.

Uscire dai fondi obbligazionari quando i tassi salgono: una scelta giusta?

E’ corretto liquidare le posizioni detenute in fondi obbligazionari quando sul mercato i tassi di interesse salgono? E’ un quesito che mai come in questo momento è di grande attualità visto che, dopo un lungo periodo di tassi in discesa, stiamo assistendo all’inizio della loro risalita.

Molti investitori hanno deciso di uscire dagli strumenti obbligazionari, vendendo le quote in loro possesso e registrando, nella maggior parte dei casi, un rendimento di periodo negativo. E neanche a dirlo in pole position, tra gli investitori che vendono, ci sono gli italiani. Molti risparmiatori del Bel Paese, alla vista del rendimento negativo da inizio anno, hanno deciso di liquidare la posizione. In questo post proviamo a capire se questa scelta è corretta o meno.

L’uovo o la gallina

Che i tassi di interesse fossero destinati a risalire non è un mistero, ed è noto (o almeno dovrebbe esserlo) che quando i tassi salgono, in un primo momento, si assiste ad una discesa del valore delle obbligazioni (se il meccanismo non ti è chiaro ti invito a leggere questo post). Quindi l’unica motivazione plausibile che sta portando tanti risparmiatori a liquidare in perdita le posizioni va ricercata nella loro insufficiente cultura finanziaria. Semplicemente non si conoscono a sufficienza le caratteristiche elementari degli strumenti obbligazionari. Il fondo obbligazionario viene valutato alla stregua di un titolo azionario e, vedendone scendere la valorizzazione, si decide di vendere per la paura di poter subire perdite maggiori.

In pratica in fase di acquisto il fondo obbligazionario rappresentava, nella scelta dell’investitore, il desiderio di guadagnare nel breve periodo senza però voler rischiare nulla. Si cercava l’uovo oggi, non la gallina domani. Quando dopo qualche mese non solo non c’è traccia dell’uovo ma addirittura si assiste ad una discesa delle quotazioni, e non si capisce il perché questo avvenga, ecco che l’emotività si fa strada nella mente, ecco che prende il sopravvento, alimentata dal clima di pessimismo e dalle notizie allarmistiche dei mass media. E quindi di corsa a vendere tutto, non vedendo l’ora di tornare nel tanto tranquillo conto corrente!

Cosa c’è dentro ad un fondo obbligazionario?

Ti dò una notizia sconvolgente, preparati. Sai cosa c’è dentro ad un fondo obbligazionario? Non ci crederai, ci sono obbligazioni! E le obbligazioni, alla loro scadenza contrattuale, a meno di fallimento dell’emittente, tornano al valore iniziale. Tutte le oscillazioni cui il loro prezzo è soggetto (positive quando i tassi scendono e negative quando i tassi salgono) alla scadenza non contano più nulla e si rientra in possesso del capitale investito! Sbalorditivo, vero? E’ l’ABC del mondo degli investimenti. Allora io mi faccio una domanda: se non hai chiaro questo meccanismo perché hai comprato un fondo obbligazionario? E me ne faccio anche un’altra: se invece hai chiaro questo meccanismo, per quale motivo stai vendendo il tuo fondo adesso? 

Per chi vuole la gallina

Il mondo degli investimenti non è per chi vuole l’uovo oggi, forse per un pò di tempo lo è stato, ma di certo per un bel pezzo non lo sarà più. Il mondo degli investimenti è per chi vuole la gallina domani, forse anche dopodomani, per chi ha fatto una corretta e attenta pianificazione, per chi ha effettuato una corretta diversificazione tra azionario ed obbligazionario, per chi ha accettato e digerito l’idea che la somma investita sarà indisponibile per un numero minimo di anni, non meno di 3-5 anche per le allocazioni più prudenti. 

Il fondo obbligazionario con i tassi crescenti

Immagina adesso di possedere uno o più fondi obbligazionari ben gestiti, con titoli emessi da soggetti ad alto rating, con prevalenza di scadenza brevi, con una buona diversificazione tra obbligazioni governative e societarie di diversi Paesi. I tassi stanno salendo, giusto? Bene, oramai lo sai, in prima battuta, inevitabilmente, assisterai alla discesa delle quotazioni. Ma poi che succederà? Succederà che i titoli man mano giungeranno alla loro naturale scadenza; succederà che i titoli, come sempre, staccheranno la cedola. 

Fin qui ci sei? Tutto chiaro? Bene. Sai cosa farà il fondo con i soldi che provengono dalle scadenze e dalle cedole? Certo che lo sai! Comprerà altre obbligazioni, soltanto che stavolta saranno titoli a tassi di interesse più alti, visto che questi ultimi sono in crescita. E questo processo continuerà fin quando i tassi continueranno a salire. Il fondo continuerà nel suo processo di adeguamento e ci sarà un momento in cui tu raccoglierai tutti i frutti di questa risalita dei tassi. Quando sarà questo momento? Forse domani, forse tra un mese, forse tra un anno, forse tra 2 o 3 anni. Oggi non è dato saperlo, ma stai certo che arriverà.

Torniamo alla domanda iniziale

E’ corretto uscire dai fondi obbligazionari quando i tassi salgono? Alla luce di quanto detto finora, vista da questa nuova prospettiva, avendo il giusto tempo davanti, questa vicenda del rialzo dei tassi di interesse non è per forza una cattiva notizia!

Forse ora che ne conosci il funzionamento un fondo obbligazionario ti farà meno paura, e forse vivrai le sue naturali oscillazioni con meno emotività e con più consapevolezza e forse, piuttosto che pensare di liquidare la posizione, potresti pensare ad incrementarla!

Il rischio di tasso per un’obbligazione

 

Il rischio di tasso di interesse e il rischio di credito rappresentano le due insidie principali per chi investe in obbligazioni. Oggi andiamo alla scoperta proprio del rischio di tasso; oramai lo sai, lo faremo con parole semplici.

Un titolo obbligazionario ha una data di inizio, una durata (normalmente espressa in anni) e una scadenza contrattuale.

Quando l’obbligazione giunge a scadenza di norma viene rimborsato l’intero capitale investito: si dice che il titolo obbligazionario viene rimborsato alla pari, cioè allo stesso valore di emissione, in gergo detto pari a 100. Per cui se oggi hai sottoscritto un titolo obbligazionario investendo € 10.000, sai già che alla scadenza dello stesso (tra 2, 5, 10, 20, 50 anni), se il titolo prevede un rimborso alla pari, ti verranno restituiti esattamente 10.000 euro, a meno di fallimento della società o del governo che ha emesso il titolo. Fin qui tutto chiaro? Bene.

E se volessi liquidare l’investimento prima della scadenza? Posso farlo?

Ti do una notizia buona ed una meno buona.

Notizia buona: si, puoi liquidare l’investimento prima della scadenza. Esiste infatti un mercato apposito dove puoi vendere la tua obbligazione a qualcun altro.

Notizia meno buona: il capitale inizialmente investito non è più garantito! Infatti il prezzo dell’obbligazione, pari a 100 sia in fase di sottoscrizione che di scadenza, è invece soggetto a fluttuazioni che possono anche essere consistenti per tutta la durata del titolo stesso.

Queste fluttuazioni sono originate principalmente da due componenti:

  • L’aumento o diminuzione del rischio di fallimento dell’emittente
  • L’aumento o diminuzione dei tassi di mercato.

La prima componente viene definita rischio di credito o rischio emittente e ne abbiamo già parlato in un precedente articolo (clicca qui per approfondire)

Oggi invece ci concentriamo sul rischio di tasso. Cerchiamo di capire di cosa si tratta, perché è molto importante. Un investitore che decide di acquistare un titolo obbligazionario, a mio avviso, deve avere ben chiaro questo elemento, per evitare spiacevoli sorprese. Mettiamo subito in chiaro che si tratta di un rischio legato alla volontà di vendere il titolo anticipatamente, in quanto, a prescindere dalle fluttuazioni dell’obbligazione sai già che, a meno di fallimento dell’emittente, alla scadenza ti verrà in ogni caso rimborsato il capitale investito in fase di sottoscrizione.

Aiutiamoci come sempre con un esempio

Immagina di aver sottoscritto un’obbligazione dove per semplicità supponiamo che il rischio emittente sia trascurabile (quindi l’emittente ha un rating altissimo, quello che viene chiamato tripla A). Il titolo obbligazionario ha le seguenti caratteristiche:

  • durata 10 anni;
  • tasso annuo lordo del 2%;
  • cedole semestrali;
  • emissione e rimborso alla pari;
  • importo € 10.000;
  • valuta euro, nessun rischio di cambio.

Bene: questo titolo obbligazionario sarà pertanto soggetto esclusivamente al rischio di tasso.

Il rischio è legato al fatto che i tassi di mercato, durante la vita del titolo, quindi per i prossimi 10 anni, potranno variare, e questa variazione si ripercuote sul prezzo di mercato della tua obbligazione. Vediamo perché.

Prima ipotesi: i tassi rimangono fermi

Ipotizziamo, per assurdo, che per tutta la durata del prestito obbligazionario, quindi per i prossimi 10 anni, i tassi di interesse sul mercato rimangono sempre fermi. In questo caso è ragionevole ipotizzare che il prezzo della tua obbligazione sul mercato rimarrà sempre pari a 100. Cosa vuol dire? che in questo caso, puramente teorico, potresti liquidare il tuo titolo obbligazionario in qualunque momento ottenendo esattamente il capitale inizialmente investito.

Seconda ipotesi: i tassi scendono

Ipotizziamo questa volta che i tassi di mercato scendono, passando ad esempio dal 2% all’1%; cosa succede al tuo titolo sul mercato? Se i tassi scendono il prezzo del tuo titolo sul mercato sale; perché? Semplice, perché adesso la tua obbligazione al tasso fisso del 2% offre un rendimento maggiore di quello presente sul mercato (nell’esempio 1%); per cui il mercato darà alla tua obbligazione quel prezzo che renda indifferente, per un nuovo acquirente, sottoscrivere un titolo di nuova emissione all’1% o acquistare la tua obbligazione al 2%.

 

Per semplicità ipotizziamo che manchi un anno esatto alla scadenza del titolo e che il tasso sul mercato per un titolo di durata pari ad un anno dello stesso emittente è adesso 1%. Il valore di mercato del tuo titolo sarà di circa 101, in quanto l’acquirente deve ottenere un rendimento annuo dell’1% a prescindere se decide di sottoscrivere un titolo di nuova emissione o di acquistare il tuo titolo. E qual è il prezzo tale che il tuo titolo, che offre una cedola annua del 2%, alla fine dia un rendimento complessivo dell’1%? Quel prezzo è appunto 101. Il nuovo acquirente perderà un punto percentuale sul capitale (perché sebbene lo sta pagando 101 alla scadenza gli verrà rimborsato a 100), ma guadagnerà un punto percentuale sulla cedola (2% anziché 1%). 

 

Per te che hai venduto l’obbligazione è una buona notizia? Si e no. Se avevi esigenza di vendere anticipatamente il titolo è certamente una buona notizia perché hai venduto la tua obbligazione realizzando un profitto di 1%. Ma come rovescio della medaglia rinuncerai a percepire, per un anno, l’interesse annuo del 2%, che adesso non è più disponibile sul mercato.

Terza ipotesi: i tassi salgono

Facciamo adesso l’esempio opposto e cioè che i tassi di mercato, invece di scendere salgono, passando dal 2% al 3%. Questa volta il tuo titolo obbligazionario diventa meno appetibile, in quanto il mercato, per un titolo obbligazionario di eguale natura, adesso offre un rendimento maggiore. Quindi cosa succede al prezzo di mercato della tua obbligazione? Sono certo che stavolta hai indovinato! Esatto: se i tassi di interesse salgono i prezzi delle obbligazioni scendono. Infatti, analogamente a quanto detto prima, il prezzo di mercato è sempre tale da rendere indifferente la sottoscrizione di un titolo di nuova emissione o l’acquisto di un titolo di eguale durata e uguale emittente sul mercato. Il nuovo acquirente è disposto ad acquistare il tuo titolo obbligazionario a condizione che la differenza tra il rendimento di mercato (3%) e il rendimento del titolo (2%) rimanga a carico tuo.

 

Per cui riproponendo lo stesso esempio visto prima, ipotizzando quindi che manchi un anno esatto alla scadenza del tuo titolo a tasso fisso e che il tasso di mercato ad un anno per un titolo con le stesse caratteristiche è adesso del 3%, il prezzo di mercato del tuo titolo sarà di circa 99.

 

E’ una brutta notizia? Ancora una volta si e no. Se avevi necessità di vendere il titolo ovviamente realizzerai una perdita di 1% ma è anche vero che potrai sin da subito reinvestire i soldi ai nuovi tassi che adesso sono più convenienti.

 

Se mi hai seguito attentamente fin qui adesso sai che se i tassi di interesse scendono il prezzo dei titoli obbligazionari sale; se viceversa i tassi di interesse salgono il prezzo dei titoli obbligazionari scende.

 

Ma il problema non si pone (dirai tu)!

Se il prezzo di vendita non è conveniente basta tenere il titolo fino alla scadenza e tutto è risolto.

Corretto, ma ricorda una cosa importantissima: il rischio di tasso aumenta all’aumentare della durata dell’obbligazione. Cosa vuol dire? Se hai ancora un po’ di pazienza te lo spiego subito.

 

Se i tassi aumentano di 1% e il tuo titolo obbligazionario scade tra 1 anno abbiamo capito che a parità di altre condizioni il prezzo scende intorno a 99 (e che quindi è sufficiente pazientare un anno per tornare in possesso dell’intero capitale). Ma se il tuo titolo obbligazionario a tasso fisso scade tra 30 anni che succede all’aumentare dei tassi di 1%? Ti prego di prestare particolare attenzione perché questo punto è cruciale. A puro titolo esemplificativo adopereremo un titolo di stato italiano, un BTP.

 

BTP scadenza Marzo 2048

In passato hai deciso di acquistare, ingolosito dalla cedola, un BTP, Buono del Tesoro Pluriennale (obbligazione a tasso fisso emessa dal governo italiano) con scadenza Marzo 2048 al tasso fisso del 3,45% (BTP realmente esistente). Quindi sai per certo che, a meno di difficoltà del governo italiano, percepirai annualmente un interesse lordo del 3,45% e che alla scadenza, quindi il 1 Marzo 2048, ti verrà restituito il capitale. Fin qui oramai è tutto chiaro.

Ma di quanto varierebbe il prezzo del titolo se domani mattina i tassi aumentassero di 1% ? La quotazione del titolo subirebbe istantaneamente una perdita secca di circa 15%. Questo perché non solo la cedola del tuo titolo è diventata meno appetibile, ma questo va considerato per tutti gli anni che mancano alla scadenza, in questo caso 30. Capisci bene che diventa un po’ più complicato aspettare la scadenza e risolvere tutto, in quanto la scadenza è lontanissima. Ecco quindi che il rischio di tasso va preso seriamente in considerazione quando le scadenze dei titoli che decidiamo di acquistare sono particolarmente lunghe.

Per concludere non dimenticarti che il rischio di credito, che per semplicità non è stato considerato, invece è sempre presente, e si somma al rischio di tasso. Per cui in caso di simultaneo aumento dei tassi e aumento del rischio di credito, il prezzo del titolo scenderà sia per effetto della salita dei tassi di interesse sia per effetto dell’aumento dello spread (aumento del rischio di credito).